Roma: da Porta San Pancrazio al Parco di Villa Pamphilj

Il Casino dell\'Algardi  nella villa romana Doria Pamphilj
Diario di: Redazione GoTellGo
Autore: Redazione GoTellGo
Goteller: Redazione GoTellGo
Categoria: archeologia
Creato il: 22/05/2010
Data Da: 01/10/2009
Data A: 01/10/2009
Licenza: Creative Commons License
Nazioni: Italy
: roma
Posti visitati: Villa Doria Pamphilj, Casale di Giovio, Cimitero di Calepodio, Monteverde, Catacomba di San Pancrazio, Via Aurelia, Porta San Pancrazio, Basilica di San Pancrazio
Parole chiave: colombari, catacomba

Quartiere Monteverde: un tuffo nell'archeologia per chi si trova a fare una passeggiata a Villa Pamphili e nei suoi dintorni.

'itinerario prende avvio dalla moderna Porta S. Pancrazio, edificata nel 1644 da Urbano VIII sul sito dell'antica ‘Porta Aurelia Sancti Pancratii’, all'interno del nuovo sistema difensivo che si estendeva tra le attuali Porta Cavalleggeri e Porta Portese. Dalle piante antiche si vede come la porta fosse

collocata nell'angolo formato dalle mura sulla sommità del colle. La porta antica, inoltre, doveva essere difesa da due torri quadrate e ornata con numerose iscrizioni asportate dai sepolcri limitrofi, secondo una moda comune nel IV sec. d.C.

All'altezza del moderno largo di Porta S. Pancrazio iniziava in epoca romana la via Aurelia vetus che si ricollegava presso torretta Troili a Val Canuta con il troncone della via Aurelia nova, che aveva inizio dalla scomparsa Porta Aurelia Sancti Petri, presso Ponte S. Angelo.

Il nome della porta S. Pancrazio deriva senz'altro dal vicino complesso cimiteriale intitolato a questo martire, di probabile origine orientale. In epoca dioclezianea, una passione ricca di imprecisioni storiche narrava che il giovinetto quattordicenne, alla morte dei genitori, giunse a Roma in compagnia dello zio Dionisio e che i due vennero convertiti al Cristianesimo dal Papa Cornelio (251-253 d.C.). Alla morte dello zio, Pancrazio venne condotto di fronte all'imperatore e, non volendo accettare nessuna imposizione, venne decollato. Durante la notte una certa Ottavilla trafugò le spoglie abbandonate sulla via Aurelia e le trasportò in un vicino cimitero.

Imboccando via di San Pancrazio, si raggiunge il complesso cimiteriale (civico n. 5), localizzato accanto al tracciato dell'antica via Vitellia, diramazione dell'Aurelia antica. Si visita innanzitutto la basilica di S. Pancrazio, eretta nel suo primo impianto a tre navate senza transetto da papa Simmaco (498-514) e completamente ricostruita tra il 625 e il 638 da Onorio I all'intervento del quale risalgono l'abside, la cripta semianulare e parte del transetto. Onorio, inoltre, si preoccupò di trasferire il corpo del martire nel prebisterio, sotto un altare rivestito di lamine preziose. Nell'VIII secolo la

basilica venne nuovamente restaurata da Adriano I (772-795). Nonostante le successive trasformazioni, gli studiosi sono concordi nell'affermare che la basilica odierna rispecchia nella pianta quella voluta da Onorio, lunga ben 55 metri. L'area compresa tra la cripta, l'abside e il transetto è quella con la maggior evidenza di testimonianze paelocristiane.

Nel corso dei lavori per la realizzazione del nuovo pavimento della basilica, negli anni Trenta, vennero alla luce tracce di una strada secondaria proveniente dall'Aurelia vetus, in cui va forse riconosciuto il Clivus Rotarius in agro Fonteiano, e i resti di un cimitero tardo-repubblicano, intorno al quale si svilupparono le gallerie di una catacomba cristiana.

La catacomba di S. Pancrazio è costituita da tre regioni: la prima, non visitabile, si localizza dietro l'abside della basilica; dal Fusciardi, che la visitò, sappiamo della presenza di alcuni arcosoli decorati, di cui uno con pitture di festoni e fasci di rose e un'orante velata tra alberi in fiore. Da una scaletta situata presso la navata destra si accede alla seconda regione, articolata su due piani. Al termine della discesa, si raggiunge sulla sinistra il cubicolo di Botrys, così chiamato per il rinvenimento di un'iscrizione in lingua greca. Interessante, inoltre, il cubicolo di S. Felice, del IV secolo, con soggetti di derivazione ellenistico-romana: una nave, simboleggiante l'anima che aspira a raggiungere il porto della pace eterna, un animale marino, uccelli, un amorino con ghirlanda. Dopo alcuni passaggi tortuosi, si accede a due gruppi di cubicoli: in uno di essi, al primo piano, si rinvenne un arcosolio con quattro tombe in cui si è pensato potessero essere state sepolte le martiri Pistis, Elpis e Agape. Da un passaggio che si trova nell'attiguo convento di S. Vittore infine si può percorrere per breve tratto la terza regione, ripartita anch'essa su due piani e caratterizzata dalla presenza di un lucernario e di loculi eretti in muratura, a causa della friabilità delle pareti. Il rinvenimento di numerose iscrizioni greche all'interno delle gallerie cimiteriali comprova la massiccia frequentazione di orientali in Trastevere in età tardo-imperiale.

Tornando sull'Aurelia antica, presso il civico n. 15 si situa l'ingresso al cimitero di Calepodio, presbitero ucciso all'epoca della persecuzione di Alessandro Severo e colà trasportato da papa Callisto le cui reliquie, dopo esser state anch'esse depositate in questo cimitero, vennero trasferite nella basilica di S. Maria in Trastevere. Del cimitero di Calepodio, purtroppo non visitabile, si può dire che costituisce il più antico sepolcreto della comunità cristiana appartenente alla regione transtiberina: al suo interno si conservano anche i resti di un edificio a croce greca, delimitato da una grandiosa abside, in cui si è ipotizzato di riconoscere una basilica cimiteriale fatta costruire da Giulio I (337-352).

L'itinerario prevede quindi la visita dei resti archeologici conservati all'interno del parco della seicentesca villa Doria Pamphilj. Si consiglia di entrare nel parco dall'ingresso sito al n. 183 della via Aurelia antica.

Superato l'edificio noto con il nome di Villa vecchia, si raggiunge il Casino del bel respiro che, insieme al parco annesso, ospita una delle più ricche collezioni di scultura romana. La collezione Pamphily si costituì nell'arco di circa dieci anni (1644-1652) attraverso scavi, acquisti da privati e da comunità religiose, passaggi di proprietà conseguenti a matrimoni o eredità. Nei primi decenni dell'800 si aggiunsero alla raccolta i materiali provenienti dagli scavi dei colombari, anche se le pitture vennero trasferite al Museo delle Terme.

Come si vedrà le pareti esterne del Casino del Bel respiro sono rivestite per lo più di rilievi provenienti da sarcofagi, mentre le nicchie che si aprono sulla facciata ospitano statue e busti, secondo una moda in voga nella Roma del Sei e Settecento. Quasi nulla rimane invece delle numerose statue che decoravano gli interni, essendo state la maggior parte di esse trasferite a Palazzo Doria o disperse. Anche la sistemazione dei pezzi antichi nel giardino annesso al Casino rispondeva inizialmente a precise esigenze architettonico-decorative, ma col tempo, i reperti sono stati spesso spostati senza più obbedire all'intento originario.

Va infine fatto un accenno al particolare modo di utilizzazione dei frammenti antichi, talvolta provenienti da reperti diversi e assemblati per creare una nuova scultura intera. Dato l'altissimo livello del restauro, effettuato dagli artisti dell'epoca sotto la direzione del bolognese Algardi, spesso risulta difficile addirittura per gli esperti individuare le parti antiche tra le aggiunte seicentesche ispirate all'antico.

Di fronte all'ingresso principale di questo edificio si conserva un interessante gruppo di edifici sepolcrali, cosiddetto “colombario maggiore”, individuato nel 1821, in parte ipogeo: tramite una scala, eretta in un periodo successivo, si accede in un ambiente romboidale in opera reticolata, originariamente coperto con una volta a botte. Lungo le pareti si allineano i loculi, allineati su 7-8 file sovrapposte, ognuno contraddistinto da una tabella dipinta o da una piccola lastra marmorea iscritta con il nome del defunto. Il colombario, di epoca augustea e destinato ad accogliere più di cinquecento incinerati, era decorato con una serie di pitture, staccate e conservate presso il Museo Nazionale Romano, raffiguranti uccelli ed elementi vegetali, paesaggi, nature morte, scene teatrali e caricaturali.

Di epoca adrianea è invece il cosiddetto “colombario minore”: sulla fronte si aprono due ingressi con stipiti e architrave in travertino, sormontati dai rilievi con i busti dei defunti (se ne conserva uno solo). L'interno ospita una serie di arcosoli per la deposizione degli inumati e nicchie per gli incinerati. Si conservano inoltre frammenti del pavimento in mosaico bianco e nero e decorazioni in stucco dipinto.

Nel 1984 è stato portato alla luce un ulteriore edificio sepolcrale databile al I-II sec. d.C., ospitante anch'esso circa cinquecento deposizioni all'interno di nicchie disposte su sette file e sigillate con lastre marmoree o muretti in argilla muniti di iscrizione funeraria. L'interno si articolava in un ambiente rettangolare e in una serie di vani più piccoli con volte a botte, tutti decorati con affreschi raffiguranti scene naturalistiche e quinte architettoniche. A est dei colombari or ora descritti sono visibili i resti di un recinto funerario in opera quadrata di blocchi di tufo, risalente alla fine del II secolo d.C. Di estremo interesse la falsa porta in peperino al centro del lato frontale con una decorazione di tipo ionico a ovuli e dentelli: al centro dei due battenti, divisi in specchiature, sono scolpite in bassorilievo una coppia di maniglie in forma di protome leonina e due teste di Gorgone.

All'interno di Villa Pamphilj, inoltre, ma nel settore di parco a ovest della via Olimpica, è ubicato il casale di Giovio, eretto su un edificio romano di età imperiale, un'aula rettangolare con i lati lunghi orientati EW, in cui si può forse riconoscere un monumento funerario a tempietto, frequente in ambiente urbano nel I-II secolo d.C. Sono ancora visibili lungo tutto il perimetro i resti di cortina laterizia che, lungo il lato settentrionale, si conservano in alcuni punti per un'altezza di quasi quattro metri. Si segnala inoltre, lungo il lato sud, l'architrave dell'ingresso moderno al casale, decorata con motivi vegetali a bassorilievo, di epoca altomedievale.

Infine, lungo l'Aurelia antica e la diramazione di via del Casale di San Pio V si noteranno immediatamente i resti in opera reticolata e laterizia dell'Aqua Traiana, l'acquedotto fatto costruire da Traiano (109-110 d.C.) per alimentare Trastevere con le acque provenienti dalle sorgenti confluenti nel lago di Bracciano e inglobato in seguito nell'acquedotto Paolino. Da sottolineare che prima di Porta S. Pancrazio, all'altezza dell'antica Porta Aurelia, si situava il castello di distribuzione dell'acquedotto traianeo. Al momento della sua scoperta, nel secolo scorso, presentava ancora sessanta condotti plumbei in situ, con i nomi dei liberti e degli schiavi di Traiano addetti all'acquedotto.


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