Passeggiata culturale a Trastevere 1

Il cortile della Basilica di Santa Maria in Trastevere
Diario di: Redazione GoTellGo
Autore: GoTellGo
Goteller: Redazione GoTellGo
Categoria:
Creato il: 28/05/2010
Data Da: 28/01/2009
Data A: 28/01/2009
Licenza: Creative Commons License
Nazioni: Italy
: roma
Posti visitati: Palazzo Velli, Chiesa di S. Crisogono, Chiesa di S. Agata, Chiesa di S. Rufina, Chiesa di S. Calisto, Basilica di S. Maria in Trastevere, Palazzo di S. Callisto, Chiesa di S. Egidio, Chiesa di S. Maria della Scala, Chiesa di S. Margherita, Ospedale S. Gallicano, Trastevere, Museo del folklore e dei poeti romaneschi, Via della Scala, Vicolo del Cinque, Vicolo del Moro, Vicolo della Pelliccia
Parole chiave: Madonna de' Noantri, Giuditta Tavani Arquati, Pietro Cossa, Speziaria

Passeggiata di due ore nel pittoresco quartiere di Trastevere alla scoperta di vicoli, monumenti e curiosità.

ITINERARIO

Largo S. Giovanni del Matha - via della Lungaretta - vicolo della Torre - piazza di S. Rufina - via dell'Arco di S. Calisto - piazza S. Calisto - piazza S. Maria in Trastevere - via della Paglia - vicolo del Piede - piazza di S. Egidio - via della Scala - piazza S. Maria della Scala - vicolo del Bologna - vicolo del Cinque - piazza Trilussa - via del Moro - piazza S. Apollonia - via della Lungaretta.

 

INTRODUZIONE STORICA

Trastevere è dalla fine del Duecento il XIII rione di Roma: il nome gli deriva dal latino trans Tiberim, al di là del Tevere, e del resto regio transtiberina l'aveva chiamata l'imperatore Augusto quando aveva suddiviso il territorio della città in quattordici regioni:  Trastevere era la XIV, ripartita in 78 vici. Durante l'impero di Aureliano, nel III secolo d.C., venne inclusa nella cinta muraria.

In epoca molto più antica, al tempo dei re, il territorio al di là del Tevere era dominio degli Etruschi. In età repubblicana le sponde tiberine, anche per la presenza del porto fluviale, si popolarono di marinai, pescatori, lavoratori portuali, molto spesso stranieri, con la conseguente nascita di numerosi santuari dedicati a culti orientali, come quello Siriaco, del Sole, di Giove Heliopolitano.

Dal Duecento il borgo trasteverino passò dall'amministrazione del papa, che governava le zone al di là del fiume, all'amministrazione della città. Con l'apertura di via della Lungara, detta anche via Santa perché percorsa dai pellegrini, agli inizi del XVI secolo Trastevere venne collegato direttamente a Borgo e quindi al Vaticano. Si moltiplicarono allora gli istituti di assistenza, gli asili pubblici, gli ospedali sovvenzionati da cardinali e confraternite. Paolo V ordinò la costruzione dell'acquedotto Paolo e l'apertura di via San Francesco a Ripa, che alterava i tradizionali assi urbanistici del quartiere.

Il Sei e Settecento videro la costruzione di importanti opere architettoniche, come l'ospedale S. Gallicano e il complesso assistenziale del S. Michele. Al secolo scorso risale invece la costruzione della Manifattura dei Tabacchi, del Ministero della pubblica istruzione e la realizzazione dei muraglioni lungo le sponde del Tevere, intervento che risolse definitivamente l'annoso problema delle alluvioni.

Le trasformazioni effettuate negli ultimi 150 anni hanno alterato profondamente l'antico tessuto edilizio del rione. Ciò nonostante, nella fitta maglia di vie e vicoli medievali e rinascimentali sopravvissuti, si respira ancora l'atmosfera di una Roma, quasi completamente sparita, ora misteriosa, ora tenebrosa, ora densa di memorie antiche.

ITINERARIO

Iniziamo il primo itinerario da largo San Giovanni De Matha, sull'angolo opposto di piazza Sonnino.

Sulla sinistra, con ingresso su viale Trastevere, si erge la Chiesa di S. Crisogono, prete martire, decapitato ad Aquileia durante la persecuzione dioclezianea del 304. La chiesa venne fatta costruire intorno al 1125 dal cardinale Giovanni da Crema sul luogo della primitiva basilica risalente al V secolo. La facciata a timpano, preceduta da un portico di ordine tuscanico con quattro colonne di granito, è frutto di un restauro di Giovanni Battista Soria risalente al 1626 e voluto dal cardinale Scipione Caffarelli Borghese. Sull'attico, alzando lo sguardo, notate i draghi e le aquile della famiglia Borghese. Il campanile, di epoca medievale, è sormontato da una cuspide seicentesca.

L'interno segue la pianta delle antiche basiliche paleocristiane, essendo ripartito in tre navate suddivise da 22 colonne in granito, forse provenienti dalle terme di Settimio Severo. L'unica abside è delimitata da un arco trionfale su grandi colonne di porfido, il pavimento è in tipico stile cosmatesco. Vi consigliamo di visitare la Cappella del SS. Sacramento, attribuita a Gian Lorenzo Bernini e i resti sotterranei della basilica paleocristiana e altomedievale, paralleli alla chiesa attuale ma lievemente spostati verso sinistra, dove si conservano capitelli, frammenti di colonne, bassorilievi e importanti affreschi medievali, raffiguranti le "Storie dei SS. Benedetto e Silvestro", .

Riportiamoci in largo San Giovanni De Matha, fronteggiato sulla destra dalla Chiesa di S. Agata, martire uccisa a Catania nel III sec. d.C. durante le persecuzioni dell'imperatore Decio. La santa, patrona dei tessitori, protegge dai terremoti e dalle eruzioni vulcaniche. Già esistente in epoca medievale, la chiesa venne ricostruita in più fasi tra il XVII e il XVIII secolo. Il lieve aggetto e l'inserimento di elementi borrominiani nella facciata sono opera di Giacomo Onorato Recalcati, del 1710. A sinistra dell'altare maggiore si conserva la nota statua lignea dipinta raffigurante "Maria SS. del  Carmine", meglio nota come la Madonna de' Noantri.

La patrona del rione viene festeggiata e portata in processione nel mese di luglio, in occasione della popolare festa di quartiere, celebrata fin dal 1927. La festa popolare, inaugurata in epoca fascista, costituì uno dei tentativi di legare al regime i ceti operai con l'organizzazione di manifestazioni dopolavoristiche.

Imbocchiamo per un breve tratto via della Lungaretta: al n. 97 una lapide e un busto ricordano Giuditta Tavani Arquati, una fervente mazziniana che cospirò insieme al marito Francesco, al figlio Antonio e ad altri patrioti contro il governo di Pio IX, che li fece uccidere dalle guardie pontificie. 

Imbocchiamo sulla sinistra vicolo della Torre. Al n. 15 una lapide ricorda che qui abitò dal 1874 al 1879 lo scrittore Pietro Cossa, autore di drammi storici come Giuliano, Messalina e Cleopatra.

Giungiamo quindi in piazza di S. Rufina, che prende il nome dalla piccola chiesa intitolata alle martiri Rufina e Seconda, compresa nell'omonimo monastero del XVII secolo. All'incrocio tra via della Lungaretta e il vicolo di S. Rufina sbuca il duecentesco campanile a tre piani di bifore. All'interno della chiesetta vi sono colonne di spoglio sormontate da capitelli scalpellati, forse perché‚ raffiguranti divinità pagane. Del resto, l'altare maggiore poggia su un grosso cippo, su cui sono scolpiti simboli sicuramente pagani.

Da piazza di S. Rufina, imbocchiamo via dell'Arco di S. Calisto. Costeggiamo il retro dell'Ospedale S. Gallicano, tipico esempio di architettura ospedaliera degli inizi del XVIII secolo, progettato dall'architetto Raguzzini per volere di Benedetto XIII per curare i sofferenti di malattie dermatologiche. Gallicano, console durante l'impero di Costantino, convertitosi al Cristianesimo, si trasferì ad Ostia per curare i malati, ma venne martirizzato durante il regno di Giuliano l'Apostata.

In questa via, si trovava una volta l'osteria della Vedovella, così chiamata dall'avvenente signora che mandava avanti l'attività grazie alla sua bellezza. Al n. 43 è situata la casa più piccola della città: a due piani, con scala esterna e con un'edicola settecentesca raffigurante la Madonna.

Superato l'arco eccoci in piazza S. Calisto, su cui prospetta la chiesa omonima, un po' fatiscente. Venne dedicata al papa Calisto I, martirizzato nel 222 durante l'Impero di Alessandro Severo. All'interno della chiesa, a destra dell'altare della cappella di sinistra, si conserva il pozzo dove il santo fu gettato con una corda al collo. La chiesa sorse in epoca medievale su un preesistente oratorio. La facciata attuale, risalente al Cinquecento, è ripartita in due ordini: nella parte inferiore, il portale è fiancheggiato da due finte finestre, la parte superiore è caratterizzata invece da due volute laterali con candelabri e da un frontone con lo stemma di Paolo V Borghese.

Guadagnamo piazza S. Maria in Trastevere, vero cuore del rione. Lo scenario è completato dalla splendida fontana centrale, voluta da Nicolò V nel 1450 e più volte restaurata nei secoli. Ad essa lavorarono il Bramante, Giacomo Della Porta, Girolamo Rainaldi, Gian Lorenzo Bernini e Carlo Fontana. L'acqua cade da un catino con piedistallo nella sottostante vasca ottagonale, su cui sono collocati gli stemmi di Alessandro VII e quattro grandi conchiglie.

Dietro la fontana troneggia la splendida Basilica di S. Maria in Trastevere, forse il primo luogo ufficiale di culto cristiano inaugurato a Roma, oltre che il primo ad essere stato dedicato alla Vergine. Fondata da papa Calisto nel III secolo, la chiesa venne più volte ristrutturata. I restauri più consistenti si devono a Clemente XI che, nel 1702, fece erigere il portico. Ciò nonostante l'edificio conserva l'impianto romanico del XII secolo. Nello stemma sopra il portale settecentesco della Casa dei Canonici di S. Maria, al numero 26, a destra del portico, è inciso il motto "Fons Olei", in ricordo di una sorgente di olio minerale, scaturita improvvisamente nei pressi, nel 38 a.C., e ritenuta miracoloso annuncio della nascita di Cristo, cui fece seguito la decisione di costruire una basilica.

La facciata è decorata con mosaici del XII-XIII secolo, raffiguranti Maria con il bambino e dieci donne recanti lampade, otto accese, a simboleggiare la verginità, e due spente, portate da donne velate, forse vedove. Nel portico antistante, sorretto da colonne di granito, si conservano sarcofagi, plutei bizantini ed epigrafi cristiane. Il campanile romanico, rimaneggiato nel XVII secolo, ospita al centro un grande orologio e, in alto, un'edicola della Madonna.

L'interno della basilica è a tre navate, separate da due file di colonne, provenienti dalle Terme di Caracalla. Il pavimento, in stile cosmatesco, è frutto di un rifacimento del secolo scorso. Da ammirare lo splendido mosaico duecentesco del catino absidale, raffigurante "il Redentore e la Madonna seduti in trono con ai lati diversi santi e papa Innocenzo II con il modello della chiesa"  e i trecenteschi riquadri del tamburo, opera del Cavallini, raffiguranti episodi della "Vita della Vergine".

Prima di lasciare la pittoresca piazza, diamo uno sguardo ad alcuni dei palazzi che la delimitano: a sinistra della basilica il Palazzo di S. Callisto, residenza dei cardinali titolari di S. Maria. Qui abitò anche il papa Eugenio IV che, minacciato dalla potente famiglia romana dei Colonna, fuggì su una barca al porto di Ripa Grande, travestito da frate benedettino. Il prospetto sulla piazza venne progettato nel Seicento da Orazio Torriani, cui si devono le belle finestre bugnate, ornate con lo stemma benedettino di S. Paolo, riconoscibile dalla mano che impugna una spada.

Nella piazza è situata anche la celebre farmacia Peretti, fondata dall'illustre chimico Pietro Peretti, ricordato da una targa marmorea. Si narra che le sue idee anticlericari venissero urlate da un pappagallo, ogni volta che un prete metteva piede nella farmacia.

Lasciamo piazza S. Maria in Trastevere e imbocchiamo via della Paglia, il cui nome evoca l'esistenza di magazzini di foraggio per i cavalli, esistenti nella zona.

Dal cortile del n. 14 possiamo ammirare in tutto il suo splendore la gigantesca abside della basilica, con alte lesene e archetti pensili.

Sulla destra è situato vicolo del Piede: il caratteristico nome allude forse alla forma della strada o all'espressione "ad pedes", nei pressi cioè della basilica di S. Maria. I tavolini di un ristorante invadono l'ingresso di un pittoresco oratorio sconsacrato, intitolato alla Madonna della Clemenza, appartente nel XVII secolo all'Arciconfraternita del SS. Sacramento. La facciata è a due ordini: il portale è affiancato da nicchie sormontate da gigli e palme, simboleggianti la purezza e la vittoria dopo il martirio, mentre nella parte superiore, a volute, due angeli sollevano una cortina. Di fronte all'oratorio, il cinema Pasquino, unico nella capitale, proietta sempre pellicole cinematografiche in lingua inglese.

Costeggiamo il lato destro della Basilica di S. Maria, fino a raggiungere la triangolare piazza di S. Egidio, che prende il nome dall'omonima pittoresca chiesetta. S. Egidio nacque nel 430 da una famiglia ateniese: rimasto orfano, rinunciò a tutti i suoi beni per dedicarsi al prossimo; viveva in una grotta in Provenza e si nutriva di erbe e di latte di cerva. Il re di Francia Chidelberto, andando a caccia, venne attirato dagli animali nella grotta dove viveva il Santo, per il quale venne edificato un monastero. S. Egidio morì nel 550 e venne sepolto a Tolosa.

La chiesetta venne eretta nel 1630 nell'area dove in epoca medievale sorgevano altre due piccole chiese, oggi scomparse: S. Lorenzo de Curtibus e S. Biagio. La chiesa attuale è dedicata anche alla Madonna del Carmelo, come si legge dalla scritta sopra il portale. La facciata è a un solo ordine con paraste corinzie che sostengono il timpano decorato a dentelli. L'interno, a navata unica, ospita un bel ciborio seicentesco.

Dal 1968 parte del convento annesso ospita la Comunità di S. Egidio, parte l'interessante Museo del folklore e dei poeti romaneschi. Vi sono raccolte svariate testimonianze storiche e artistiche: dai calchi del "Pie' di marmo" e della "Bocca della verità", alle riproduzioni delle statue parlanti, alle incisioni di Pinelli, agli acquarelli del secolo scorso, alla ricostruzione dello studio del poeta romanesco Trilussa. Il piccolo museo merita certamente una visita a s‚.

Prima di lasciare la piazza diamo uno sguardo a Palazzo Velli, situato ai civici 7 e 9, risalente alla fine del Quattrocento. E' a due piani con finestre con cornice o architravate. Sulla  parete è riconoscibile lo stemma della famiglia, consistente in un albero sradicato affiancato da due stelle. Lo stemma con l'orso e la rosa visibile sul portale del civico 7 è della famiglia Orsini. Nel palazzo è attualmente ospitata l'Ambasciata della Georgia.

Da piazza S. Egidio si diparte un dedalo di vie e vicoli, nei quali, nonostante il caos provocato dal passaggio delle automobili, si respira ancora l'atmosfera di un tempo ormai passato.

Imbocchiamo via della Scala: lo sguardo viene immediatamente attirato dal tabernacolo barocco collocato sopra un baldacchino a cuspide terminante con una croce. Osserviamo i pilastrini decorati con testine alate e festoni floreali, e la mensola sorretta da un cherubino. Quasi più nulla si legge della scritta Maria decor Carmeli ora pro nobis. L'affresco settecentesco raffigura la Vergine seduta tra le nubi, con le braccia aperte, tra gli angeli.

Proseguiamo fino alla piazza omonima con la pittoresca chiesa di S. Maria della Scala. La chiesa venne progettata a partire dal 1593 da Francesco Capriati e Girolamo Rainaldi per ospitare l'immagine miracolosa di una Vergine con bambino, dipinta sotto la scala esterna di un'abitazione vicina. La facciata, completamente restaurata nell'Ottocento, è ripartita in due ordini, quello inferiore è caratterizzato da lesene sormontate da capitelli corinzi, quello superiore termina con volute laterali, che incorniciano una finestra con balaustra e timpano triangolare.

Nell'interno, a navata unica, si conserva un prezioso ciborio di Carlo Rainaldi, ornato con pietre rare e sorretto da colonne di diaspro.

I Carmelitani scalzi, officianti della chiesa, rifiutarono al Caravaggio un dipinto che gli avevano commissionato perch‚ non lo ritenevano edificante: il maestro, nell'interpretare la "Morte della Vergine", ispirandosi a una prostituta annegata nel Tevere,  aveva raffigurato la Madonna come una popolana del rione, con gambe gonfie e corpetto slacciato, attorniata dagli apostoli angosciati. L'opera è attualmente conservata al Louvre.

Il Convento annesso alla chiesa, dotato di un chiostro maggiore e uno minore, risale al Seicento e venne progettato da Matteo da Castello e da Ottaviano Mascherino. Al secondo piano si può visitare la "Speziaria", un'antica farmacia con arredi originali del XVII secolo. Gli stessi pontefici utilizzavano i medicamenti prodotti dai Padri Carmelitani, come l'Acqua antipestilenziale e l'Acqua melissa dalle virtù portentose.

Prendiamo a destra per vicolo del Bologna, dal valente falegname Alessandro detto Bologna: al n. 40, sulla sinistra, un'edicola ospita l'immagine della "Madonna Addolorata": la scritta sottostante recita: "Maria Mater gratiae ora pro nobis". Si dice che nel 1796 la Vergine abbia mosso gli occhi in segno di deplorazione per il comportamento irriguardoso di Napoleone Bonaparte nei confronti del pontefice Pio VI Braschi; all'altezza di un edificio cinquecentesco sulla destra, al n. 37, sono murati un mascherone fiancheggiato da due putti, un mascherone, un piccolo fregio e due tabelle di colombari risalenti al I secolo d.C. Sulla prima leggiamo: "D.M. AEMILIO FELICITAS CVM FILIIS B.M." che possiamo tradurre: "Agli dei Mani, ad Emilio Benemerito, Felicita con i figli"; sulla seconda il testo differisce di poco: "D.M. VALERIAE PELORIDI HERMES CONIVGI MERENTI FECIT", ovvero "Agli dei Mani, a Valeria Peloride, Ermete alla moglie benemerita fece".

Ma le sorprese di questo vicolo ancora non sono finite: al n. 53, sulla destra, si riconosce una piccola torre con resti di un antico fregio e di uno stemma; al n. 7 un'edicola mariana settecentesca è inserita in un'edicola di stucco sormontata da un baldacchino a cupola e sorretta da una mensola con le lettere G.P.F.F. che stanno per G.P. F(ece) F(are). Quattro cherubini circondano la cornice; al n. 2a una lapide di Monsignore Ill.mo,  Giovanni Battista Mesmeri, datata 12 novembre 1735, minaccia una pena di dieci scudi d'oro e il carcere a chiunque getti immondizia nelle strade.

Imbocchiamo verso sinistra vicolo del Cinque, il cui nome deriva dalla nobile famiglia nota fin dal Quattrocento, che diede i natali a molti personaggi illustri per la vita della città. Attualmente, la strada è uno dei luoghi più frequentati della Trastevere by night per la vasta presenza di locali e localini per ogni gusto e ogni età. Portiamoci all'altezza del civico n. 58. Qui è murata un'altra lapide di monsignore illustrissimo, presidente delle strade, Paolo Passionei, del 1764, che in questo caso minaccia una multa di 10 scudi e chissà quali altre pene a chiunque sporchi le strade. Sul portale del n. 11 possiamo osservare un interessante stemma composito con torre, leone e sei monti. Al n. 48, sulla destra, lo sguardo viene attirato da un grazioso negozio di lampade d'epoca: al 32, sulla destra, il Palazzo de' Cinque, a due piani, è un tipico esempio di stile rinascimentale, con portale bugnato, finestre su mensole, cornicione decorato e balcone con cantonale.

Raggiungiamo piazza Trilussa, di fronte a Ponte Sisto. Lo slargo è dominato dall'alta fontana a forma di edicola, in cui si apre una grande nicchia fiancheggiata da colonne ioniche. Si tratta di una mostra dell'Acqua Paola, ricostruita in questo luogo nel 1898 da Angelo Vescovali, dopo il trasferimento da via Giulia, dove si trovava addossata all'ospizio del Mendicanti. L'iscrizione sull'attico ricorda che l'acqua venne portata da questa parte del Tevere nel 1613 per volere di Paolo V. A destra della fontana, attraversata la strada, un piccolo monumento commemora il poeta romanesco Trilussa ritratto in atteggiamento di declamazione. Attardiamoci un minuto a leggere la divertente poesia incisa sulla lapide marmorea murata a fianco del busto.

Torniamo indietro per via del Moro, che ci riserva numerose testimonianze della Roma cinquecentesca, barocca e ottocentesca. All'altezza del civico n. 63 si conserva la tabella dell'alluvione del 1870; ai n. 61-62 si scorgono, facendo una certa attenzione, resti di graffiti realizzati con punta di diamante, raffiguranti mostri che fiancheggiano uno stemma in cui è riconoscibile una spada dentro un clipeo. Al n. 58 il portone in peperino con leone rampante è cinquecentesco, mentre la Casetta di Francesco Frascari Diotallevi al n. 50 risale al Medioevo. Non poteva mancare il barocco, riconoscibile nell'edificio a due piani al n. 48. Osservate le finestre con  protomi leonine dalla cui bocca fuoriesce un festone e quelle con conchiglia tra volute al piano superiore. Un via vai di persone all'altezza del n. 15 segnala la presenza di un apprezzato forno, dove viene sfornata senza interruzione dell'ottima pizza bianca. Al n. 25, sulla sinistra, un frammento di sarcofago con mascherone è murato nella parete.

In angolo con via della Pelliccia si conserva l'antica e malandata targa dell'Antico Caffè del Moro. Osserviamola: sotto il nome del locale, due bersaglieri e un marinaio offrono un fernet Branca a tre eritree. La scena si riferisce al 1ø battaglione bersaglieri d'Africa sbarcato a Massaua verso il 1885.

Sulla destra via della Pelliccia deriva probabilmente il nome dalla presenza di un mercante di pelli, mentre via della Renella, sulla sinistra, ricorda la spiaggia che si estendeva sulla riva destra del Tevere, da Ponte Garibaldi a Ponte Sisto. Un'ordinanza dell'estate del 1855, emanata sotto papa Pio IX, consentiva ai soli individui di sesso maschile di bagnarsi gratuitamente nel Tevere, ogni giorno dalle ore 8 alle 21, in questa spiaggia, a S. Anna dei Bresciani e di fronte al porto di Ripetta.

Proseguiamo lungo via del Moro: oltrepassata una pasticceria specializzata in dolci romani, sbuchiamo in piazza S. Apollonia, su cui affaccia la chiesa di S. Margherita. Fondata da Niccolo IV nel XIII secolo, venne ricostruita alla fine del XVII per volere del cardinale Girolamo Gastaldi. Egli affidò il progetto a Carlo Fontana che ruotò l'orientamento di 90% rispetto all'edificio preesistente. La facciata è a due ordini: la parte inferiore è ripartita in tre settori da lesene con capitelli compositi e portale centrale sormontato da un timpano curvilineo; la parte superiore termina con ampie volute barocche che incorniciano un finestrone sormontato da una croce con rami di palma, simboleggianti la vittoria della Croce. L'interno è a navata unica con cappelle laterali.

Riprendiamo via della Lungaretta in direzione di viale Trastevere. Al n. 91b non è inconsueto incontrare una folla di vecchietti e barboni in attesa di poter accedere alla Mensa dei poveri, riconoscibile dalla targa con la scritta "Cucina economica".

Terminiamo l'itinerario a Piazza Belli.

Immagini associate

Il cortile della Basilica di Santa Maria in Trastevere